Indennizzo per danni da vaccino: ai danneggiati da vaccinazione antipoliomielite somministrata in epoca antecedente all’entrata in vigore della legge n. 695/1959 va riconosciuto il diritto all’indennizzo ex lege 210/92, con applicazione del termine triennale per la proposizione della domanda

Nel caso di specie la Corte d’Appello aveva rigettato la domanda proposta da un danneggiato, che aveva richiesto l’indennizzo previsto dalla legge n. 210/1992, assumendo il nesso di causalità tra la menomazione da cui è affetto (esiti di poliomielite su entrambi gli arti inferiori) e la vaccinazione antipolio tipo Salk, somministratagli in data 1 giugno 1959 e all’epoca non obbligatoria, ma fortemente raccomandata nell’ambito di un programma di politica sanitaria del Ministero della Salute. Secondo i giudici di secondo grado non poteva riconoscersi il beneficio in parola, in quanto la legge n. 362/1999 ne aveva circoscritto il riconoscimento solo a coloro che fossero stati sottoposti a vaccinazione antipoliomielitica non obbligatoria nel periodo di vigenza della legge n. 695/1959, invero nel caso di specie la vaccinazione era stata praticata anteriormente a tale periodo.

La Corte riteneva, inoltre, intempestiva la domanda in quanto proposta oltre il termine decadenziale di quattro anni dall’entrata in vigore della legge n. 362/1999, come previsto dall’art. 3 della stessa.

Con ordinanza n. 17614 del 2017 la sesta sezione della Corte aveva richiesto, sulle questioni poste dal ricorso, un intervento nomofilattico ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., u.c..

Con ordinanza n. 11339/2018 la sezione lavoro della Cassazione in primis ricorda che la vaccinazione antipoliomielitica era stata resa obbligatoria con legge n. 51/1966 ed anteriormente la legge n. 695/1959 ne aveva fortemente incentivato la vaccinazione, pur non imponendola come obbligo giuridico. La legge n. 362/1999 aveva poi esteso l’indennizzo previsto dalla legge n. 210/1992 ai soggetti sottoposti a vaccinazione antipoliomielitica non obbligatoria nel periodo di vigenza della legge n. 695/1959 ed aveva altresì introdotto, per i predetti soggetti, il termine perentorio di quattro anni, dalla data di entrata in vigore della legge, per la presentazione della domanda.

Nella materia è poi intervenuto il D.L. 7 giugno 2017, n. 73 convertito, con modificazioni, con legge n. 119/2017, l’art. 5-quater della legge di conversione ha introdotto nell’ordinamento una disposizione di chiusura che estende la tutela prevista dalla legge n. 210 a tutte le vaccinazioni indicate nell’art. 1 del citato D.L. n. 73, inclusa la vaccinazione antipoliomielite. Alla stregua del predetto art. 5 quater, anche alle vaccinazioni antipoliomielite si applicano, in caso di lesioni o infermità dalle quali sia derivata una menomazione permanente dell’integrità psico-fisica, le disposizioni di cui alla legge 210/1992, senza alcun limite temporale come fissato, in passato, dalla legge n. 362 del 1999, in riferimento al limitato periodo di vigenza della legge n. 695 del 1959.

L’introduzione, in sede di conversione del D.L. n. 73 del 2017, dell’esplicito rinvio alla tutela generale introdotta con la legge n. 210 del 1992 ha indotto la Cassazione ad affermare che, nel contesto evolutivo della tutela per danni da vaccinazioni non obbligatorie e alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata, risulta non conforme al canone di ragionevolezza la tutela indennitaria temporalmente limitata per i soli danneggiati da vaccinazione antipoliomielite non obbligatoria rispetto alla tutela accordata a tutti gli altri soggetti, pur danneggiati da vaccinazioni non obbligatorie ma raccomandate.

Secondo la Corte la norma sopra citata valorizza tutte quelle esigenze di solidarietà sociale che si impongono alla collettività laddove il singolo subisca conseguenze negative per la propria integrità psico-fisica derivanti da un trattamento sanitario, anche solo raccomandato, e che richiedono che sia la collettività ad accollarsi l’onere del pregiudizio individuale, mentre sarebbe ingiusto consentire che siano i singoli danneggiati a sopportare il costo del beneficio anche collettivo.

A tanto consegue che, riconosciuta la tutela indennitaria anche ai danneggiati da vaccinazione antipoliomielitica non obbligatoria somministrata in epoca antecedente al 30 luglio 1959, la proponibilità della domanda deve ricondursi nell’alveo della norma generale della L. n. 210 e del termine triennale di decadenza ivi previsto. Tale termine (alla stregua delle modifiche introdotte con L. n. 238 del 1997, art. 1, comma 9, al testo dell’art. 3, comma 1, della L. n. 210) decorre dal momento in cui, sulla base della documentazione prescritta nella norma, l’avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno, in tal senso richiedendosi la consapevolezza dell’esistenza di una patologia ascrivibile causalmente alla vaccinazione, dalla quale sia derivato un danno irreversibile che possa essere inquadrato – pur alla stregua di un mero canone di equivalenza e non già secondo un criterio di rigida corrispondenza tabellare – in una delle infermità classificate in una delle otto categorie di cui alla tabella 13 annessa al testo unico approvato con D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, come sostituita dalla tabella A allegata al D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834.

Pertanto la Corte ha affermato, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, il seguente principio di diritto: “Ai soggetti danneggiati da vaccinazione antipoliomielite somministrata in epoca antecedente all’entrata in vigore della L. 30 luglio 1959, n. 695, va riconosciuto il diritto all’indennizzo alla stregua della lettura costituzionalmente orientata della L. n. 210 del 1992, art. 1, comma 1, tenuto conto del D.L. 7 giugno 2017, n. 73, art. 5-quater convertito, con modificazioni, con L. 31 luglio 2017, n. 119, con applicazione del termine triennale, per la proposizione della domanda, previsto dalla L. n. 210 del 1992, art. 3, comma 1”.

La sentenza è stata quindi cassata con rinvio ad altro giudice che si atterrà al principio di diritto formulato.

Sabrina Cestari e Alberto Cappellaro

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