Nel rito del lavoro il principio d’immodificabilità del collegio della Corte d’appello giudicante trova attuazione solo dal momento dell’inizio della discussione e va valutato solo in rapporto alla decisione che segue la discussione stessa. Il mancato rispetto del suddetto principio determina la nullità insanabile della sentenza.

Cassazione civile sez. lav. n. 6857/2012 depositata il 07 maggio 2012.

Il caso trae origine dalle domande proposte dagli ex dipendenti di una società, al fine di ottenere le differenze del trattamento di fine rapporto derivanti dall’inclusione, nella relativa base di calcolo, dei contributi accreditati dall’azienda sul conto di previdenza individuale integrativo acceso in favore degli stessi in attuazione dell’accordo aziendale.

Avanti la Corte d’appello di Roma le parti iniziavano la discussione orale ma, a fronte delle questioni pregiudiziali sollevate in udienza, la Corte disponeva un rinvio ad una successiva udienza di discussione, concedendo un breve termine per memorie.

Nella successiva udienza la Corte, in una composizione diversa rispetto a quella dell’udienza precedente, pronunciava il dispositivo.

I dipendenti ricorrevano in Cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma denunciando, tra l’altro, la nullità della sentenza stessa per violazione del principio d’immodificabilità del collegio giudicante.

Nella sentenza qui commentata la Suprema Corte osserva che i collegi delle Corti d’appello, dovendo procedere alla trattazione della causa in composizione collegiale anche in fase istruttoria, sono soggetti al principio dell’immutabilità del collegio, il quale, però, in quanto inteso unicamente ad assicurare che i giudici che pronunciano la sentenza siano gli stessi che hanno assistito alla discussione della causa, trova applicazione dall’apertura della discussione fino alla deliberazione della decisione, con la conseguenza che non è configurabile alcuna nullità nel caso di mutamento della composizione del collegio nel corso dell’istruttoria (Cass. 15 maggio 2009, n. 11295; Cass. 18 agosto 2009, n. 18268).

Invero, ai sensi degli artt. 276, 420 e 437 c.p.c., il principio dell’immodificabilità del collegio giudicante trova applicazione anche nel rito del lavoro, ma solo dal momento in cui inizia la discussione vera e propria, sicchè solo la decisione della causa da parte di un collegio diverso da quello che ha assistito alla discussione può dare luogo a nullità della sentenza, non rilevando, invece, una diversa composizione del collegio che abbia assistito a precedenti udienze di trattazione (Cass. 10 agosto 2006, n. 18156; Cass. 12 maggio 2005, n. 9968; Cass. 7 luglio 2004, n. 12154; Cass. 23 giugno 2000, n. 8588; Cass. 1 luglio 1999, n. 6797).

In particolare, evidenzia la Suprema Corte, il principio d’immutabilità del giudice di cui all’art. 276 c.p.c., secondo il quale alla decisione della causa possono partecipare solo i giudici che hanno assistito alla discussione, non si estende alle udienze svolte in precedenza, di mero rinvio o, nel giudizio di appello, di decisione sull’istanza di sospensione della provvisoria esecutorietà della sentenza impugnata (Cass. 18 giugno 2010, n. 14781; Cass. 2 novembre 1998, n. 10947).

Pertanto, secondo la Cassazione, il principio d’immodificabilità del collegio della Corte d’appello giudicante trova attuazione, nel rito del lavoro, solo dal momento dell’inizio della discussione e va valutato solo in rapporto alla decisione che segue la discussione stessa (Cass. 5 marzo 2003, n. 3258) ed il mancato rispetto del suddetto principio determina la nullità insanabile della sentenza, ai sensi dell’art. 158 c.p.c. (Cass. 1 luglio 1999, n. 6797).

Nel caso di specie il collegio avanti al quale era iniziata la discussione della causa era composto differentemente rispetto a quello dinanzi al quale la discussione si era completata e che aveva emesso il dispositivo della sentenza.

Questo fatto ha determinato, secondo la Suprema Corte, la palese violazione del principio dell’immutabilità del collegio, volto ad assicurare che i giudici che pronunciano la sentenza siano gli stessi che hanno assistito all’integrale discussione della causa, onde evitare che la sentenza risulti deliberata da soggetti rimasti estranei alla trattazione della causa.

Conseguentemente, in accoglimento del primo motivo del ricorso principale, la Cassazione ha ritenuto la sentenza impugnata affetta da nullità assoluta ed insanabile ai sensi dell’art. 158 c.p.c., in conformità con la costante giurisprudenza (v. Cass. 1 luglio 1999, n. 6797; Cass. 22 febbraio 1999, n. 1473; Cass. 26 luglio 2004, n. 13998).

Pertanto, dopo aver dichiarato assorbiti gli altri motivi, sia del ricorso principale che di quello incidentale, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Sabrina Cestari

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