Criteri per le transazioni da stipulare con soggetti danneggiati da trasfusioni: il Tar del Lazio respinge il ricorso avverso il decreto 28.4.2009 n. 132

Tar Lazio sentenza n. 5178/2012

Con sentenza n. 5178 del 7/06/2012 il Tar del Lazio ha respinto il ricorso con il quale alcuni danneggiati da sangue infetto avevano impugnato il decreto del Ministero della Salute n. 132 del 28/4/2009 pubblicato nella G.U. n. 221 del 23/9/2009, relativo ai criteri per le transazioni da stipulare con soggetti danneggiati da trasfusioni con sangue infetto.

E’ opportuno premettere che i ricorrenti, nel caso di specie, avevano proposto azioni giudiziarie contro il Ministero della Salute per il risarcimento dei danni patiti per la contrazione di epatite (HBV o HCV) e/o di HIV, a causa di trasfusioni di sangue infetto, avvenute in occasione di interventi chirurgici o per  terapia trasfusionale praticata al fine di curare la patologia di base (talassemia, talassodrepanocitosi, drepanocitosi, altra forma di emoglobinopatia). Lo Stato, a seguito di varie sentenze di condanna, aveva emanato provvedimenti volti ad eliminare il contenzioso in parola: l’art. 33 del D.L. n. 159/2007 (convertito in L. 222/007) e l’art. 2, commi 361 e 362, della L. n. 244/2007 (legge finanziaria 2008).Tali provvedimenti avevano previsto stanziamenti di bilancio destinati alla stipulazione, secondo un programma pluriennale, di transazioni con “soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o affetti da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali, danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie”, che avessero instaurato azioni di risarcimento danni ancora pendenti. La citata normativa primaria, dettando disposizioni in ordine alle transazioni delle cause iniziate prima del 1° gennaio 2008, aveva demandato al Ministero della Salute, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il regolamento per procedere alle suddette transazioni, regolamento adottato con il D.M. n. 132 del 28 aprile 2009, ovvero il provvedimento impugnato dai ricorrenti.

Gli istanti contestavano in particolare che il decreto succitato non aveva rispettato il limite della “analogia e della coerenza”, stabilito dalle disposizioni di legge, con i criteri transattivi già fissati per i soggetti emofilici dal decreto del Ministro della salute datato 3 novembre 2003 (“Definizione transattiva delle controversie in atto, promosse dai soggetti danneggiati da sangue o emoderivati infetti”).

Le disposizioni del decreto impugnate erano in particolare quelle che prevedono:

- come presupposto per l’accesso alle transazioni l’esistenza di un danno ascrivibile alle categorie di cui alla tabella A annessa al DPR 30.12.1981, 834, accertato dalle Commissioni Mediche Ospedaliere (CMO) ex DPR n. 1092/1973 o dall’Ufficio Medico Legale del Ministero della salute oppure da una sentenza;

- che “per la stipula delle transazioni si tiene conto dei principi generali in materia di decorrenza dei termini di prescrizione del diritto”.

- criteri di determinazione del risarcimento del danno diversi tra categorie di danneggiati e che attribuiscono, in particolare, ad emotrasfusi e vaccinati un trattamento deteriore rispetto ad emofilici e thalassemici.

Secondo i ricorrenti tali presupposti e principi non erano previsti nella normativa del 2003 e nelle leggi istitutive delle transazioni del 2007, alle quali il regolamento si sarebbe dovuto attenere.

Il Tar, al contrario, nella sentenza qui commentata, ha ritenuto le disposizioni impugnate “in analogia e coerenza” con quelle che disciplinavano le transazioni del 2003”, “pur nella legittima precisazione di criteri (rispondenti ad essenziali principi di diritto in tema di transazioni) non esplicitati nel D.M. del 2003” e conseguentemente ha respinto il ricorso.

Invero, i giudici amministrativi hanno affermato che il concetto di “analogia e coerenza” non significa identità, ma solo “compatibilità di disciplina”,  rilevando, altresì, che i criteri contenuti nel decreto del 2003 erano veramente scarni”, circostanza che legittimerebbe, secondo il Tar,  la loro integrazione, da parte del Ministero, con altri “istituti (quali ad esempio la prescrizione) previsti direttamente dalla legge”.

I criteri adottati per i soggetti emofilici e per i soggetti thalassemici (in ragione delle compromesse condizioni di salute determinate dalle patologie di base e preesistenti al danno, nonché in ragione dell’esclusione subita dai soggetti talassemici in occasione della precedente operazione transattiva) si richiamano, secondo il Tar “per necessità di assoluta coerenza con la disciplina già applicata in passato”, a quelli “dettati per i soggetti emofilici dal decreto del Ministro della Salute del 3 novembre 2003” (con applicazione, quindi, anche dei moduli transattivi e della tabella con gli importi transattivi massimi già fissati sulla base delle conclusioni del gruppo paritetico di lavoro ex DM 13.3.2002). La disciplina dettata dal decreto de quo è quindi, secondo i giudici amministrativi,  coerente rispetto a quella precedente.

Per le restanti categorie di danneggiati, i criteri transattivi assunti dal decreto impugnato, sebbene integrati con gli ulteriori elementi valutativi dell’entità del danno, dell’età del soggetto al momento della manifestazione del danno stesso, dell’eventuale nesso tra il danno e il decesso, nonché, per i soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, del tipo di vaccinazione (tenuto conto della diversa incidenza sul danno derivante dalla tipologia della vaccinazione stessa), si ispirerebbero, secondo i giudici amministrativi, almeno nei tratti fondamentali, a quelli sopra citati (già recepiti nel 2003) con applicazione generalizzata (tra l’altro) della medesima tabella (allegata al decreto) che fissa anche per tali casi i “limiti massimi inderogabili entro cui determinare i singoli importi transattivi (gruppo di lavoro paritetico D.M. 13 marzo 2002)”.

In sostanza, secondo il Tar, i limiti della coerenza e dell’analogia sarebbero stati, anche in questi casi, adeguatamente rispettati, pur nei limiti consentiti dalla diversità oggettiva di talune delle situazioni disciplinate.

In ordine alla prescrizione, i giudici amministrativi hanno affermato che si tratta di istituto previsto dalla legge, per cui l’Amministrazione non poteva non tenerne conto in un decreto finalizzato a disciplinare moduli transattivi e, quindi, inevitabilmente conforme ai principi in materia di transazione.

Invero, afferma il Tar, qualsiasi transazione deve avere necessariamente ad oggetto una “res dubia” e cioè un rapporto giuridico avente, almeno nelle opinioni delle parti, un carattere di incertezza che si vuol far cessare con reciproche concessioni e reciproci sacrifici, per questo il decreto impugnato non avrebbe illegittimamente indicato la necessità di tenere conto sia della prescrizione, sia della ascrivibilità del danno.

L’Amministrazione, secondo il Tar, prima di addivenire ad una transazione, deve verificare la sussistenza di una “res dubia”, che non esiste in tutti i casi in cui è ragionevole ritenere prescritta la pretesa del privato, alla luce delle disposizioni di legge e degli orientamenti giurisprudenziali.

Per il Tar, quindi, i profili censurati nel ricorso, in realtà, riguardano l’applicazione di principi generali ontologicamente correlati all’istituto della transazione.

Le leggi del 2007, secondo i giudici amministrativi, predicando coerenza e analogia con i criteri del 2003, non intendevano ridurre il contenuto del nuovo regolamento ad una mera replica di quello precedente, con obliterazione di qualsiasi spazio di discrezionalità normativa connaturato all’essenza stessa del potere regolamentare.

Orbene, il fatto che la pubblica amministrazione, nell’emanare un regolamento, abbia margini di discrezionalità, anche ampi, non è contestabile, tuttavia, la discrezionalità configurata nella sentenza qui commentata, ricostruendo la normativa di settore ed in particolare la ratio delle norme istitutive delle transazioni, norme redatte dopo anni di trattative tra Istituzioni, Associazioni dei danneggiati ed Legali di riferimento delle stesse, con il fine di risarcire il maggior numero possibile degli aventi diritto, lascia sicuramente perplessi, in particolare per quanto concerne l’applicazione della prescrizione, utilizzata quale requisito di ammissione alla transazione, fatto che, nel concreto, potrebbe determinare l’esclusione di un numero molto elevato degli aventi diritto, fatto che vanificherebbe l’intento stesso perseguito dal Legislatore con l’emanazione delle leggi istitutive istitutive delle transazioni.

Va evidenziato, per altro, che la giurisprudenza in tema di prescrizione ed in particolare di dies a quo in materia di danni da sangue infetto, ha subito mutamenti, anche radicali, nel corso degli anni e che tener conto dei principi generali in materia di decorrenza dei termini di prescrizione del diritto, come statuito nel decreto impugnato, non significa, in particolare nell’ambito di una procedura transattiva come quella relativa al caso di specie, utilizzare la prescrizione quale criterio discriminante di inclusione o esclusione dalla transazione stessa.

Appare opportuno sottolineare, infine, un principio generale: la Corte costituzionale ha chiarito da anni che nessun diritto fondamentale, quale è quello alla salute, può essere compresso o inciso al punto tale che ne sia pregiudicato o anche solo messo a rischio lo stesso contenuto.

Invero, esiste nel nostro Ordinamento un limite inferiore al di sotto del quale la gestione amministrativa dei diritti non può scendere: “E’ vero che, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, il legislatore nella individuazione delle misure necessarie a tutela dei diritti delle persone disabili gode di discrezionalità …….Si deve tuttavia riaffermare che, sempre secondo la giurisprudenza di questa Corte, detto potere discrezionale non ha carattere assoluto e trova un limite nel «[…] rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati»”(Corte Costituzionale sentenza n. 80/2010).

Orbene, se lo stesso Legislatore deve nell’ambito della propria discrezionalità rispettare tale limite, al di sotto del quale viene compromessa l’esistenza stessa del diritto, a fortiori lo stesso limite deve essere rispettato dalla Pubblica Amministrazione.

Si auspica, pertanto, che l’emanando decreto “moduli”, decreto interministeriale (a firma congiunta del Ministro della Salute e del Ministro dell’Economia e Finanze), che dovrebbe porre termine alla procedura transattiva e la cui pubblicazione è attesa nei prossimi giorni, non tenga in considerazione soltanto la sentenza qui commentata, ma anche e soprattutto la ratio della normativa di settore ed i principi fondamentali del nostro Ordinamento e di quello internazionale, con particolare riguardo al principio del rispetto per la dignità della vita, in caso contrario, il rischio è quello di alimentare per i prossimi anni il contenzioso, non solo in sede amministrativa e civile, ma altresì avanti alla Cedu.

Avvocato Sabrina Cestari