Pensione di inabilità ex art. 12 legge n. 118/71: la Cassazione ribadisce la rilevanza del reddito del coniuge

Con la recente sentenza n. 4423 del 20/3/2012 la Cassazione sez. lavoro, come già statuito in precedenza (Cass. n. 8816 del 1992, n. 16363 del 2002, n. 5003 del 2011), conferma che il diritto di cui all’art. 12 della legge 118/1971 (pensione di inabilità a favore degli invalidi civili di età superiore agli anni 18, nei cui confronti, in sede di visita medico-sanitaria, sia accertata una totale inabilità lavorativa) è subordinato alla sussistenza delle condizioni economiche dell’interessato, per la cui determinazione occorre tenere conto anche della posizione reddituale del coniuge.
Secondo la Suprema Corte ciò si desume dal disposto dell’ art. 14 septies, comma 4, della legge n. 33/1980, che elevando i limiti di reddito anteriormente fissati dagli articoli 6, 8 e 10 del decreto legge 30/1971, convertito in legge 16 aprile 1974 n. 114, per le prestazioni di cui ai precedenti commi primo e secondo (tra queste la pensione di inabilità succitata), non contempla l’esclusione, ai fini del calcolo del requisito reddituale dell’invalido, del reddito percepito da altri componenti il suo nucleo familiare. Tale esclusione è espressamente prevista solo dall’art. 11 septies, comma 5 concernente l’assegno mensile in favore dei mutilati e invalidi civili previsto dall’art. 13 legge n. 118/1971 (assegno mensile a favore degli invalidi civili di età compresa fra il diciottesimo e il sessantaquattresimo anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o superiore al 74 per cento) e dall’art. 17 legge n. 118/1971 (assegno di accompagnamento).

Sabrina Cestari

Sentenza Corte di Cassazione sez. lavoro n. 4423 del 20/3/2012

1. Con ricorso al Tribunale di Velletri C.V. chiedeva il riconoscimento del diritto a pensione di inabilità, L. n. 118 del 1971, ex art. 12. La domanda veniva respinta per carenza del requisito reddituale e la decisioni; veniva confermata dalla Corte d’appello di Roma con la sentenza qui impugnata. In particolare, la Corte di merito rilevava che non era stata prodotta la documentazione dei redditi del coniuge, che dovevano essere aggiunti a quelli dell’attore ai fini della valutazione del requisito reddituale. Con il rigetto dell’appello, veniva anche disposta la condanna del C. al pagamento delle spese di giudizio, in mancanza delle dichiarazioni previste dall’art. 152 disp. att. c.p.c..
2. Per la cassazione di tale sentenza ricorre il C. deducendo tre motivi di impugnazione. L’INPS ha depositato procura ai difensori, mentre non si sono costituiti il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Comune di Roma, anch’essi evocati in giudizio nelle precedenti fasi.
1. Il ricorrente deduce: a) che il reddito del coniuge non poteva assumere alcun rilievo ai fini del requisito reddituale (primo motivo); b) che nel corso del giudizio, in ogni caso, egli aveva depositato una dichiarazione di responsabilità attestante che il coniuge non aveva redditi (secondo motivo); c) che, infine, non poteva essere disposta la condanna alle spese di giudizio, poichè nell’atto di appello era stata effettuata la dichiarazione prevista dall’art. 152 disp. att. c.p.c. (terzo motivo).
2. Il ricorso non è fondato in alcuno degli evidenziati profili.
2.1. Come già chiarito da questa Corte (cfr. Cass. n. 8816 del 1992, n. 16363 del 2002, n. 5003 del 2011) il diritto al conseguimento, previo il positivo accertamento dei requisiti di minorazione fisica, della pensione di inabilità civile, di cui alla L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 12, è subordinato alla sussistenza delle condizioni economiche dell’interessato, per la cui determinazione occorre tenere conto anche della posizione reddituale del coniuge. Ciò si desume dal disposto della L. 29 febbraio 1980, n. 33, art. 14 septies, comma 4, che, elevando a lire 5.200.000 (annualmente rivalutabili) i limiti di reddito anteriormente fissati dal D.L. 2 marzo 1971, n. 30, art. 6, 8 e 10, convertito in L. 16 aprile 1974, n. 114, per le prestazioni di cui ai precedenti commi primo e secondo (tra queste la pensione di inabilità prevista dalla L. n. 118 del 1971, art. 12), non contempla l’esclusione, ai fini del calcolo del requisito reddituale dell’invalido, del reddito percepito da altri componenti il suo nucleo familiare. Tale esclusione ò espressamente prevista solo dallo tesso art. 11 septies, comma 5 concernente l’assegno mensile in favore dei mutilati e invalidi civili previsto dalla L. n. 118 del 1971, art. 13 e 17.
Ne consegue che tale particolare modalità di determinazione del requisito reddituale, evidentemente connessa alla diversa funzione della prestazione, non può trovare applicazione anche per il diverso beneficio pensionistico, essendo palese, attesa la chiara formulazione della norma, la coincidenza, ai fini della sua interpretazione, del criterio letterale con quello desumibile dall’intenzione del legislatore. Del resto, che il diritto dei mutilati e invalidi civili a percepire l’assegno mensile a prescindere dalla condizione economica relativa al coniuge non sia per tale aspetto invocabile dai pensionati inabili, discende anche dal diverso importo dei rispettivi limiti di reddito, il che vale ad escluderti una identità di ratio nella disciplina delle due provvidenze. Su un piano più generale, infine, mette conto rilevare come l’attribuzione di un rilievo preclusivo dell’intervento pubblico al reddito familiare, di cui i singoli componenti beneficiano, discende dal riconoscimento, nel vigente sistema di sicurezza sociale, di meccanismi di solidarietà particolari, concorrenti con quello pubblico, ugualmente intesi alla tutela dell’uguaglianza e della libertà dal bisogno, in attuazione dell’art. 3 Cost., comma 2.
2.2. Ai fini qui in esame, la prova dei requisiti per l’ottenimento della prestazione non può essere fornita in giudizio mediante mera dichiarazione dell’interessato, anche se rilasciata con formalità previste dalla legge per le autocertificazioni, che può assumere rilievo solo nei rapporti amministrativi ed è, invece, priva di efficacia probatoria in sede giurisdizionale (cfr. Cass. n. 25800 del 2010, ord.).
Alla stregua di tutte tali considerazioni, deve ritenersi che la sentenza impugnata abbia correttamente applicato la disciplina or esaminata, escludendo il diritto alla domandata prestazione pensionistica in difetto di prova circa il requisito reddituale.
2.3. In tema di esenzione dal pagamento di spese, competenze e onorari nei giudizi per prestazioni previdenziali, l’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, convertito nella L. n. 326 del 2003, secondo il quale “L’interessato che, con riferimento all’anno precedente a quello di instaurazione del giudizio, si trova nelle condizioni indicate nel presente articolo formula apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione nelle conclusioni dell’atto introduttivo e si impegna a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito verificatesi nell’anno precedente”, si interpreta nel senso che l’onere autocertificativo imposto alla parte ricorrente deve essere assolto con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado ed esplica la sua efficacia, senza necessità di ulteriore reiterazione, anche nelle fasi successive, valendo, fino all’esito definitivo del processo, l’impegno di comunicare le variazioni reddituali eventualmente rilevanti che facciano venire meno le condizioni di esonero. Ne consegue che, ove tali condizioni, originariamente insussistenti, si siano concretizzate nel prosieguo del giudizio, è facoltà dell’interessato rendere, anche nei gradi successivi, apposita dichiarazione diretta ad ottenere il riconoscimento del suddetto beneficio (cfr. Cass. n. 16284 del 2011, ord.).
Nella specie, solo nell’atto di appello, nelle relative conclusioni, era, contenuta la dichiarazione relativa ai redditi del 2006, ma la stessa non poteva assumere rilievo – neanche per il solo giudizio di impugnazione – in assenza di sottoscrizione della parte; e si tratta di una sottoscrizione imprescindibile ai fini previsti dalla legge, poichè alla dichiarazione sono connessi effetti di assunzione diretta di responsabilità, non delegatale al difensore (cfr. Cass. 16284/11, cit.).
4. Il ricorso è dunque respinto. Si compensano le spese del giudizio di cassazione nei confronti dell’INPS in ragione della natura e della complessità delle questioni esaminate. Nulla, al riguardo, nei confronti delle parti non costituite.
Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2012

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