Il reddito della casa di abitazione non entra nel computo del reddito ai fini del riconoscimento della pensione di inabilità civile.

Con la recente sentenza n. 5479/2012, depositata il 5/04/202, la Corte di Cassazione sezione lavoro, ha dichiarato infondato un ricorso dell’Inps nel quale l’Istituto sosteneva che il limite di reddito per conseguire il diritto alla pensione di inabilità civile dovesse essere calcolato computando anche il reddito della casa di abitazione principale, in applicazione del combinato disposto dell’art. 14 septies del d.l. 66/1979 (convertito nella legge n. 33/1980) e dell’art. 2 del D.M. n. 553/1992.
La Cassazione ha statuito che, nel caso di specie, le norme specifiche di riferimento sono costituite dall’art. 12 della legge n.118/1971 e dall’art. 26 della legge n. 153/1969, la prima norma rinvia per le condizioni economiche, richieste per la concessione della pensione di inabilità, a quelle stabilite dalla seconda norma per il riconoscimento di pensioni ai cittadini ultrasessanta-cinquenni sprovvisti di reddito, e per queste ultime pensioni dal computo del reddito sono esclusi gli assegni familiari ed il reddito della casa di abitazione. La Suprema Corte ha precisato, altresì, che non può trovare applicazione, contrariamente a quanto affermato dall’Inps, l’art. 2 del D.M. n. 553/1992, secondo il quale nella dichiarazione di cui all’art. 1 debbono essere denunciati, al lordo degli oneri deducibili e delle ritenute fiscali, i redditi di qualsiasi natura assoggettabili all’irpef o esenti da imposta, in quanto la casa di abitazione, nel caso di specie, ai fini assistenziali non costituisce onere deducibile, ma una voce di reddito.

Sabrina Cestari

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Cassazione civile sezione lavoro n. 5479/2012 del 05/04/2012

Svolgimento del processo

Con sentenza del 12.02.2008 il Tribunale di Firenze accoglieva la domanda proposta da C.S.C., accertata l’esistenza di invalidità nella misura del 100% e del requisito reddituale, riconosceva il diritto del ricorrente a percepire la pensione d’inabilità civile con decorrenza dal 1.08.2006, con condanna dell’INPS all’erogazione delle relative prestazioni. La decisione di primo grado è stata confermata dalla Corte di Appello di Firenze con sentenza n. 59 del 2010, che ha rigettato il gravame dell’INPS ribadendo l’esistenza dei requisiti per il riconoscimento della pensione di inabilità civile, ed in particolare ritenendo, contrariamente all’assunto dall’ente previdenziale, che ai fini del riconoscimento delle prestazioni assistenziali in questione il reddito della casa di abitazione andasse escluso dal reddito imponibile. Di questa sentenza l’INPS domanda la cassazione sulla base di un unico articolato motivo. Il C. resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Il ricorrente deduce violazione di legge, ed in particolare del D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 14 septies (convertito in L. n. 33 del 1980), del D.M. 31 ottobre 1992, n. 553, art. 2, in relazione alla L. n. 118 del 1971, artt. 12 e 13.L’INPS, nel contrastare l’impugnata sentenza, dopo ampio excursus delle norme di riferimento, conclude nel senso che per la specifica normativa in materia il reddito della casa di abitazione, nell’ipotesi d’erogazione della pensione di inabilità civile di cui alla L. n. 118 del 1971, art. 12, va computato nel reddito che influisce su diritto alla predetta prestazione. L’INPS aggiunge che quando nelle norme sull’invalidità civile si parla di “redditi assoggettabili” (oltre che di redditi esenti), si esprime un concetto più ampio di quello di “redditi assoggettati” cui invece si riferisce il TUIR esclusivamente ai fini della lo tassazione. In definitiva, l’ente previdenziale ritiene che il limite di reddito per conseguire il diritto alla pensione di invalidità civile, di cui alla L. n. 118 del 1971, deve essere calcolato computando nei redditi di qualsiasi natura assoggettabili all’IRPEF o esenti da detta imposta anche il reddito della casa di abitazione principale, in applicazione del combinato disposto del D.L. n. 663 del 1979, art. 14 septies (convertito nella L. n. 33 del 1980) e del D.M. n. 553 del 1992, art. 2, in quanto, quale onere deducibile D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 10, facente parte del reddito assoggettabile ad IRPEF. 2. Il ricorso è infondato. Nel caso di specie le norme specifiche di riferimento sono costituite dalla L. n. 118 del 1971, art. 12 e dalla L. n. 153 del 1969, art. 26: la prima rinvia per le condizioni economiche, richieste per la concessione della pensione di inabilità, a quelle stabilite dalla seconda norma per il riconoscimento di pensioni ai cittadini ultrasessanta – cinquenni sprovvisti di reddito, e per queste ultime pensioni dal computo del reddito sono esclusi gli assegni familiari e il reddito della casa di abitazione. Orbene le svolte argomentazioni sono sufficienti per ritenere l’assunto dell’INPS privo di pregio, proprio per l’applicabilità della normativa della pensione sociale in tema di pensione di inabilità, con la conseguente esclusione – ai fini della concessione di quest’ultima, dal computo del reddito di quello della casa di abitazione. Nè infine può trovare applicazione, contrariamente a quanto affermato dall’INPS, il D.M. 31 ottobre 1992, n. 553, art. 2, secondo il quale nella dichiarazione di cui all’art. 1 debbono essere denunciati, al lordo degli oneri deducibili e delle ritenute fiscali, i redditi di qualsiasi natura assoggettabili all’IRPEF o esenti da imposta, in quanto la casa di abitazione nel caso di specie ai fini assistenziali non costituisce onere deducibile, ma una voce di reddito.
In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo…
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese………
Così deciso in Roma, il 1 marzo 2012.
Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2012

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