Risarcimento del danno da emotrasfusioni contro il Ministero della Salute: l’accertamento da parte delle CMO della riconducibilità del contagio ad una emotrasfusione deve essere ritenuto dal giudice fatto indiscutibile e non bisognoso di prova

Con sentenza n. 15734 del 15 giugno 2018 la Cassazione ha enunciato un fondamentale principio di diritto in merito alla sussistenza, nell’ambito del giudizio di risarcimento del danno, del nesso di causalità tra contrazione del virus ed emotrasfusione già accertato dalla CMO nel corso del procedimento amministrativo per l’ottenimento dell’indennizzo ex lege 210/92.

Nella sentenza impugnata la Corte di Appello aveva affermato che il parere della CMO non costituisce prova del rapporto eziologico tra virus e trasfusione, attesa sia la diversità degli istituti di indennizzo e risarcimento del danno, sia la diversa ratio della legge del 1992. Invero, secondo la Corte d’Appello il diritto all’indennità sorge per il solo fatto di un danno irreversibile derivante da infezione post-trasfusionale e risponde ad una esigenza di solidarietà sociale verso persone colpite dall’infezione, sicché l’accertamento del nesso causale avviene in maniera più “elastica” e “generosa”, facendo ricorso anche a presunzioni, laddove ciò non è consentito nel giudizio in cui la pretesa risarcitoria è fondata su asserite responsabilità delle parti convenute e dove è quindi richiesto un rigoroso accertamento della sussistenza del nesso causale tra condotta asseritamente illecita e danno subito.

La Cassazione evidenzia invece che la CMO rende il proprio giudizio sul nesso causale “quale organo dell’amministrazione della sanità, come dimostra la previsione della ricorribilità in via gerarchica contro il suo deliberato proprio al Ministro della Sanità, siccome prevede il D.Lgs. n. 2010 del 1992, art. 5”. Ne consegue che il predetto giudizio, pur emesso dalla Commissione, costituisce un atto riferibile ed imputabile al Ministero e come tale da esso non discutibile.

Per altro, sul punto non è senza rilievo, secondo la Suprema Corte, che per costante giurisprudenza della stessa Cassazione l’indennizzo ai sensi della L. n. 210 del 1992 dev’essere defalcato dall’importo del danno risarcibile dal Ministero, atteso che gli importi sono dovuti dallo steso soggetto e per il medesimo fatto lesivo.

La Corte ha pertanto cassato la pronuncia di secondo grado, formulando il seguente principio di diritto: “In tema di giudizio relativo al risarcimento del danno da emotrasfusioni, promosso dal danneggiato contro il Ministero della Salute, l’accertamento della riconducibilità del contagio ad una emotrasfusione compiuto dalla Commissione di cui al D.Lgs. n. 210 del 1992, art. 4 ed in base al quale è stato riconosciuto l’indennizzo ai sensi di detta legge, non può essere messo in discussione dal Ministero quanto alla riconducibilità del contagio alla trasfusione o alle trasfusioni individuate come causative del contagio ed il giudice deve ritenere detto fatto indiscutibile e non bisognoso di prova, in quanto, essendo la Commissione organo dello Stato, l’accertamento è da ritenere imputabile allo stesso Ministero”.

Sabrina Cestari e Alberto Cappellaro

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