Danni da sangue infetto: la Cassazione ribadisce che la data di presentazione della domanda di indennizzo rappresenta la barriera preclusiva finale per l’azione di risarcimento

Cassazione civile sez. VI 8 maggio 2013 n. 10926

Gli eredi di un dipendente ospedaliero, deceduto per infermità contratta durante il lavoro a causa di contatto con sangue infetto, convenivano in giudizio il Ministero della Salute per il risarcimento dei danni patiti dal loro dante causa.

La domanda veniva respinta per prescrizione del diritto.

Gli eredi ricorrevano in Cassazione contestando, tra l’altro, l’individuazione del cd. exordium praescriptionis che, secondo loro, non doveva essere identificato, come era avvenuto nella sentenza impugnata, nella data di presentazione della domanda di riconoscimento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio, bensì nella data della comunicazione da parte della competente CMO del nesso causale tra il lavoro svolto e la malattia.

I ricorrenti, inoltre, qualificavano la responsabilità ministeriale come contrattuale, configurando così un termine prescrizionale decennale.

La Cassazione, nella sentenza qui commentata, in primis evidenzia che gli eredi hanno agito solo per i danni iure hereditatis e non anche per i danni iure proprio e che gli stessi, inoltre, non hanno fatto valere il diritto facente capo al loro dante causa nei confronti del datore di lavoro, conseguentemente la fattispecie, benchè relativa a danni patiti da lavoratore dipendente a contatto con sangue ed emoderivati non idoneamente controllati, è stata ricondotta alla tematica dei danni da emotrasfusione o contatto con sangue o emoderivati.

Orbene, la responsabilità del Ministero della salute per i danni conseguenti ad infezioni da virus HBV, HIV e HCV contratte da soggetti emotrasfusi è di natura extracontrattuale, nè sono ipotizzabili, secondo la Cassazione, figure di reato tali da innalzare i termini di prescrizione, pertanto, il diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto tali patologie per fatto doloso o colposo di un terzo è soggetto al termine di prescrizione quinquennale, che decorre dal giorno in cui la malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche.

La Cassazione ha, quindi, ribadito che il termine di presentazione della domanda di indennizzo è quello ultimo per il danneggiato, in quanto la personalizzazione degli accertamenti di fatto sulla consapevolezza dello stesso non può mai spostare ulteriormente in avanti l’exordium praescriptionis, ma solo rilevare in peius per il danneggiato, ove sia positivamente provato che egli abbia avuto una chiara consapevolezza del danno, del nesso causale con l’emotrasfusione e della colpa della controparte anche in tempo anteriore.

Nel caso di specie il termine coincide, pertanto, non con la comunicazione del responso da parte della CMO, bensì con la proposizione della domanda amministrativa di indennizzo da parte del danneggiato. Secondo la Suprema Corte la data di presentazione della domanda di indennizzo rappresenta, infatti, la barriera preclusiva finale oltre la quale la consapevolezza del danneggiato deve presumersi corrispondente all’id quod plerumque accidit e con quel grado non già di certezza assoluta, ma di rilevante e plausibile completezza sufficiente per intraprendere un’azione per danni.

Il ricorso è stato conseguentemente rigettato.

Per quanto concerne le spese del giudizio di legittimità la Suprema Corte ha fatto nuovamente applicazione del principio in base al quale la procedura transattiva prevista dalla leggi n. 222/2007 e n. 244/2007 per il componimento dei giudizi risarcitori per effetto di trasfusioni con sangue infetto, pur lasciando libera la P.A. di valutare se pervenire alla transazione, denota un sostanziale trend legislativo di definizione stragiudiziale del contenzioso, confermato anche dal D.M. 4 maggio 2012, e questo integra giusto motivo di compensazione delle spese processuali.

Avvocato Sabrina Cestari

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