Saranno le Sezioni Unite a risolvere il contrasto concernente la portata del principio della compensatio lucri cum damno nell’ambito delle conseguenze risarcitorie da fatto illecito

Cassazione civile sez. III ordinanza del 05/03/2015 n. 4447

La giurisprudenza della Suprema Corte si è orientata, per lungo tempo ed in modo prevalente, nel senso che dal montante risarcitorio per danno patrimoniale conseguente a fatto illecito dovessero escludersi le prestazioni erogate dall’assicuratore sociale o dall’ente previdenziale, non potendo in tal caso trovare rilievo il principio della compensatio lucri cum damno, giacchè prestazione previdenziale e danno non scaturiscono entrambi dal fatto illecito, posto che la prima sorge direttamente dalla legge (Cass., 7 ottobre 1964, n. 2530; Cass., 10 ottobre 1970, n. 1928;Cass., 14 marzo 1996, n. 2117; Cass., 31 maggio 2003, n. 8828; Cass., 25 agosto 2006, n. 18490; Cass., 10 marzo 2014, n. 5504).

Tuttavia, con la sentenza n. 13537 del 13 giugno 2014 la sezione III, la Cassazione, ha affermato il seguente principio: “In tema di danno patrimoniale patito dal familiare di persona deceduta per colpa altrui, dall’ammontare del risarcimento deve essere detratto il valore capitale della pensione di reversibilità percepita dal superstite in conseguenza della morte del congiunto, attesa la funzione indennitaria assolta da tale trattamento, che è inteso a sollevare i familiari dallo stato di bisogno derivante dalla scomparsa del congiunto, con conseguente esclusione, nei limi ti del relativo valore, di un danno risarcibile”.

Con tale pronuncia la Corte ha recuperato un diverso orientamento (minoritario: Cass., 16 novembre 1979, n. 5964; Cass., 24 maggio 1986, n. 3503), che nega la possibilità di cumulare il risarcimento del danno con eventuali prestazioni previdenziali percepite in conseguenza del fatto illecito, in quanto il beneficio erogato dall’assicuratore sociale o dall’ente previdenziale abbia lo scopo di “attenuare il danno patrimoniale subito dai familiari della vittima”, con ciò elidendosi in parte qua l’esistenza del danno risarcibile.

Tra le varie conseguenze derivanti dall’applicazione di questo ultimo orientamento vi è anche quella di consentire all’assicuratore sociale/ente previdenziale l’esercizio dell’azione di surrogazione nei diritti risarcitori del danneggiato in riferimento alle somme erogate a titolo di prestazione previdenziale indennitaria.

Successivamente altra sentenza della stessa Sezione della Corte (n. 20548 del 30 settembre 2014) ha ribadito, invece, il diverso principio: “In tema di risarcimento del danno da illecito, il principio della compensatio lucri cum damno trova applicazione unicamente quando sia il pregiudizio che l’incremento patrimoniale siano conseguenza del medesimo fatto illecito, sicchè non può essere detratto quanto già percepito dal danneggiato a titolo di pensione di inabilità o di reversibilità, ovvero a titolo di assegni, di equo indennizzo o di qualsiasi altra speciale erogazione connessa alla morte o all’invalidità, trattandosi di attribuzioni che si fondano su un titolo diverso dall’atto illecito e non hanno finalità risarcitorie”.

Pertanto, con ordinanza del 05/03/2015 n. 4447 la Corte ha deciso di investire le Sezioni Unite della risoluzione del contrasto sopra evidenziato, concernente la portata del principio della c.d. compensatio lucri cum damno nell’ambito delle conseguenze risarcitorie da fatto illecito, nella specie rilevante, segnatamente, in relazione alla limitazione del diritto al risarcimento del danno della vittima (o dei suoi aventi causa), in funzione del quale diritto l’assicuratore sociale/ente previdenziale può esercitare l’azione di surrogazione ad esso spettante (nel caso all’esame, secondo il diritto tedesco) nei confronti del responsabile civile.

Avvocato Sabrina Cestari

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