Transazioni: il Consiglio di Stato ribadisce la prescrizione, ma elimina il 78

Con quattro pareri, rispettivamente n. 11/2015, 12/2015, 13/2015 e 14/2015, resi in sede di ricorso straordinario e depositati il 5 gennaio 2015, la seconda sezione consultiva del Consiglio di Stato è tornata ad occuparsi della legittimità dei criteri di esclusione dalle transazioni, criteri contenuti nel decreto moduli.
La sezione ha innanzi tutto ribadito che, a suo giudizio, è legittimo escludere coloro che siano prescritti.
A questo proposito, sarebbe innanzi tutto improprio contestare tale esclusione richiamando la necessità che le attuali transazioni siano in analogia e coerenza con quelle del 2003, procedura, come è noto, nel corso della quale la prescrizione non venne applicata, secondo i giudici amministrativi, infatti, “il limite dell’analogia e coerenza con i criteri transattivi già fissati con d.m. 3 novembre 2003 – limite previsto dalla normativa primaria – non può considerarsi equivalenza ed identità, ma indica solo compatibilità tra la disciplina del 2003 e quella introdotta con il d.m. n. 132 del 2009”.
Inoltre, “la Sezione deve rilevare come l’istituto della prescrizione costituisca causa generale di estinzione dei diritti soggettivi, che deve essere applicato sia ai rapporti di diritto privato che a quelli di diritto pubblico. Sicché non può dubitarsi che una transazione relativa all’esistenza di un diritto al risarcimento di un danno non deve prescindere dall’accertamento sull’intervenuta estinzione dello stesso. D’altro canto, condizione indispensabile, perché si possa dar vita ad una transazione è l’esistenza di una res dubia, esistenza che l’Amministrazione deve in ogni caso valutare in via preliminare; sicché, ove il diritto invocato sia estinto per intervenuta prescrizione, mancherebbe la stessa materia delle reciproche concessioni, che costituisce l’oggetto della transazione (Cons. Stato, Sez. II, 9 maggio 2013, n. 2506/2013). In altri termini, essendo la prescrizione istituto previsto dalla legge, non era possibile che l’Amministrazione non ne tenesse conto ai fini della disponibilità ad essere una transazione con i soggetti interessati”.
In altri termini, secondo la sezione “il significato del co. 2 dell’art. 2 d.m. n. 132 del 2009 è assolutamente inequivoco, nel senso che l’intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno debba aver influenza determinante nella stipula della transazione, visto che la prescrizione elimina la res dubia, che la transazione, per definizione, compone (art. 1963 cod. civ.)”.
Neppure condivisibile, secondo la sezione, sarebbe escludere l’applicazione della prescrizione sostenendo che le leggi istitutive delle transazioni attribuiscono a tutti i danneggiati che hanno fatto domanda il diritto di stipulare un accordo con lo Stato, accordo eventualmente da graduare nell’importo risarcitorio in ragione delle diverse posizioni personali e processuali.
Secondo la sezione, infatti, le leggi 222/07 e 244/07 “si limitano ad autorizzare l’Amministrazione a transigere le controversie in atto e a stanziare le risorse necessarie”, mentre non sarebbe corretto “ritenere che dalle leggi in questione scaturisca un diritto alla transazione di controversie, che possono ormai considerarsi chiuse per intervenuta ed accertata prescrizione del credito, altrimenti si darebbe alle leggi stesse un’efficacia retroattiva”, tale da trasformare il diritto al “risarcimento del danno derivato da emotrasfusioni da sangue infetto, da somministrazione di emoderivati infetti o da vaccinazioni obbligatorie”, “contro i princìpi generali dell’ordinamento”, in “un diritto imprescrittibile”.
Secondo la sezione, inoltre, le leggi predette “demandano ad un successivo regolamento ministeriale di fissare i criteri in base ai quali sono definite le transazioni in questione, riconoscendo, da un lato, che vi è una discrezionalità dell’Amministrazione nella fissazione dei casi da ammettere o no alla transazione, e dall’altro, che, nel caso di specie, non si sarebbe trattato di un indennizzo autonomamente deciso dal legislatore sulla base della sussistenza di determinate circostanze di fatto, non potendosi prescindere da una precedente pretesa del danneggiato, che ha dato vita ad una controversia che l’Amministrazione ritiene opportuno chiudere”.
La sezione passa quindi ad occuparsi del secondo fondamentale criterio di esclusione dalle transazioni, ovvero della presenza di un evento trasfusionale anteriore al 24 luglio 1978.
E, come già aveva statuito il Tar del Lazio, la sezione evidenza come tale criterio sia illegittimo.
Il Decreto Moduli, infatti, è sicuramente un “atto non avente natura regolamentare”, e trova “il proprio fondamento ed il proprio limite” nel decreto ministeriale n. 132 del 2009 (c.d. Regolamento sulle transazioni), atto che invece ha tale natura.
Ne consegue che il Decreto Moduli non può introdurre criteri di ammissione alle transazioni che non siano già previsti nel Regolamento.
Ebbene, “non vi è dubbio che l’art. 5, co. 2, d.m. 4 maggio 2012, limitando a priori l’applicazione dei moduli transattivi di casi in cui l’evento trasfusionale non sia anteriore al 24 luglio 1978, non solo si pone in contrasto con la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione (Sez. III, n. 17685 del 2011), che si è ormai orientata nel senso di ammettere la risarcibilità dei danni causati da eventi trasfusionali anche anteriori a quest’ultima data, ma contravviene altresì al rapporto gerarchico, che si instaura tra il regolamento del 2009 e l’atto attuativo non avente natura regolamentare, in quanto introduce un nuovo caso d’inammissibilità della transazione, non previsto dall’art. 3 d.m. n. 132 del 2009”.
Ne consegue, secondo la sezione, che coloro che sono stati contagiati prima della data sopra indicata devono essere ammessi alla stipula, previo però “esame dei singoli casi concreti da parte dell’Amministrazione, al fine di constatare che non sussistano altre ragioni, previste appunto dal d.m. n. 132 del 2009, che le impediscano di accettare la richiesta delle parti di transigere, come potrebbe essere l’intervenuta prescrizione, o motivi che lasciano prevedere il rifiuto da parte dell’a.g.o. della richiesta risarcitoria”.

 Sabrina Cestari e Alberto Cappellaro

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