Assegno di invalidità: il requisito del mancato svolgimento di attività lavorativa non può essere fornito in giudizio mediante autocertificazione

Cassazione civile sez. VI sottosezione lavoro n. 4026/2014

La Corte di Appello respingeva l’impugnazione proposta dall’Inps avverso la sentenza che aveva riconosciuto, in favore di una invalida, il beneficio dell’assegno mensile di invalidità.

L’Inps ricorreva in Cassazione eccependo il fatto che la Corte aveva affermato che, con l’entrata in vigore della legga n. 247/2007, poteva ritenersi superata la necessità di offrire giudizialmente la prova del requisito della mancata occupazione, nonchè il fatto che pur non avendo la ricorrente dato la prova di detto requisito nei tempi e nei modi previsti dal codice di rito e dal codice civile, tuttavia, tale requisito era stato ritenuto provato dalla Corte d’Appello.

Nella sentenza qui commentata, la Suprema Corte in primis mette in evidenzia che, mentre nella vigenza della legge n. 118/1971, art. 13, (testo precedente alle modifiche) andava richiesta la prova del requisito della incollocazione al lavoro, con la nuova normativa, che ha sostituto la previgente dicitura “incollocati al lavoro” con la più ampia espressione che “non svolgono attività lavorativa”, è di tale diverso requisito che occorre fornire la dimostrazione.

Orbene, la prova del requisito del mancato svolgimento di attività lavorativa previsto per beneficiare dell’assegno di invalidità di cui alla legge n. 118/1971, art. 13, come novellato dalla legge n. 247/2007, art. 1, comma 35, non può essere fornita in giudizio, secondo la Cassazione, mediante mera dichiarazione dell’interessato, anche se rilasciata con le formalità previste dalla legge per le autocertificazioni. Invero, le suddette autocertificazioni possono assumere rilievo solo nei rapporti amministrativi e sono, invece, prive di efficacia probatoria in sede giurisdizionale (cfr. Cass. n. 25800/2010; n.. 19651/2012; n. 14121/2013).

Tale impostazione è valida, secondo la Suprema Corte, anche ai fini dell’applicazione del nuovo testo della legge n. 118/1971, art. 13, in quanto la previsione da parte di detta disposizione di una dichiarazione sostitutiva di tipo autocertificatorio da rendere annualmente all’Inps in ordine al mancato svolgimento di attività lavorativa, lascia impregiudicati i principi sulla prova operanti nei giudizi civili, nei quali, peraltro, in difetto di specifici limiti normativi, è ammessa anche la prova per presunzioni.

Nel Caso di specie, evidenzia la Cassazione, la Corte d’Appello non si è attenuta a tali principi ed in particolare ha ritenuto che il riferimento alla dichiarazione sostitutiva resa annualmente all’Inps dovesse essere inteso come volto a riservare alla fase amministrativa l’accertamento della originaria sussistenza e della successiva persistenza della condizione di mancato svolgimento dell’attività lavorativa ed in conseguenza ha ritenuto che la stessa, in quanto successiva al conseguimento del beneficio, rappresenti una mera condizione per il permanere di esso e non già un elemento costitutivo.

Conseguentemente il ricorso è stato accolto la sentenza cassata.

Avvocato Sabrina Cestari

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